L’istituto della protezione umanitaria è stato introdotto nell’ordinamento italiano con l’art. 5, comma 6, del Decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286.
Il Decreto Sicurezza legge 132/2018 ha abrogato tale forma di protezione.
La norma stabiliva il diritto del cittadino straniero al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari nel caso in cui esistessero gravi e seri motivi di carattere umanitario che potessero compromettere, in caso di rimpatrio, lo stato di salute o l’esercizio dei suoi diritti.
Veniva concesso poi successivamente dalle Commissioni competenti e dai Giudici presso i Tribunali di competenza il permesso per motivi umanitari, anche in caso di motivi di salute o di età, carestie e disastri ambientali o naturali, l’assenza di legami familiari nel Paese d’origine, l’essere vittima di situazioni di grave instabilità politica, di episodi di violenza o di insufficiente rispetto dei diritti umani.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari aveva durata biennale ed era rinnovabile previa verifica della permanenza delle condizioni di rilascio.
Poteva essere chiesto e rinnovato anche in mancanza di passaporto (in caso di fondate ragioni) e senza i requisiti previsti per altre tipologie di permessi, come la disponibilità di mezzi di sostentamento o di alloggio idoneo.
La richiesta di rinnovo veniva presentata presso la Questura, la quale provvedeva a trasmetterla alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e quest’ultima era tenuta a formulare il proprio parere entro il termine di:
- 30 giorni in presenza di nuove segnalazioni di pubblica sicurezza sullo straniero;
- 15 giorni nel caso in cui non venissero comunicate segnalazioni.
Qualora fosse decorso il termine di 15 giorni senza che la Commissione Territoriale avesse espresso il parere, la Questura procedeva comunque al rinnovo del permesso di soggiorno e l’inerzia della Commissione veniva classificata come “silenzio-assenso”.
Nell’ipotesi, invece, di richiesta contenente segnalazioni di pubblica sicurezza, la Questura doveva comunque attendere il parere della Commissione Territoriale prima di poter procedere al rinnovo del titolo di soggiorno.
Il permesso di soggiorno per motivi umanitari consentiva di svolgere attività lavorativa e l’accesso alla formazione. Era convertibile in permesso di soggiorno per lavoro subordinato e autonomo, per studio e per motivi familiari, purché ne sussistessero i requisiti.
Il titolare di permesso per motivi umanitari poteva chiedere la cittadinanza dopo 10 anni di residenza legale in Italia al pari del cittadino migrante; non poteva richiedere il ricongiungimento familiare – a meno che non fosse titolare di un permesso per motivi umanitari rilasciato prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 251/2007 e che al momento del rinnovo dovrà essere convertito in protezione sussidiaria; poteva effettuare l’iscrizione al Servizio sanitario.
Il recente “Decreto Sicurezza”, convertito in L. 132/2018, abrogava tale forma di protezione sostituendola con il permesso di soggiorno per protezione speciale.
Questo permesso protegge il soggetto dall’espulsione o dal respingimento verso un Paese ostile, nel quale il cittadino straniero rischi di essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali.
La Commissione deve però tenere conto dell’integrazione del cittadino straniero nella società italiana e della durata del suo soggiorno, infatti tale forma di protezione viene rilasciata anche al soggetto che fornisce prova di un consolidato ed effettivo radicamento nel territorio e di sostanziale autonomia economica raggiunta in Italia, in quanto un eventuale rimpatrio del ricorrente si tradurrebbe in una violazione del suo diritto al rispetto della vita privata e familiare o comunque in una significativa ed effettiva compromissione dei suoi diritti fondamentali inviolabili.
Qualora ricorrano le premesse indicate, la Commissione invia tutti gli atti al Questore per il rilascio del titolo per protezione speciale: esso ha durata biennale e può essere mutato in un altro titolo.
Il permesso per protezione speciale può essere chiesto dai cittadini stranieri direttamente alla Questura, anche al di fuori delle procedure previste per la protezione internazionale.
Se la domanda di permesso per protezione speciale viene presentata direttamente alla Questura, questa la trasmette, insieme a ogni altra documentazione e informazione utile alla valutazione, alla Commissione territoriale, chiamata a esprimere un parere vincolante sul rilascio del permesso entro 30 giorni dalla ricezione. Se la Commissione ritiene ci siano elementi che potrebbero portare anche al riconoscimento della protezione internazionale, lo segnala alla Questura perché informi il richiedente sulla possibilità di presentare domanda di asilo.
Il suo rinnovo è subordinato ad una rivalutazione della situazione da parte della Commissione Territoriale.
Questo permesso di soggiorno consente di svolgere attività lavorativa e se rilasciato ex art.32, comma 3, del D.Lgs. n.25/08 può essere convertito in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, subordinato o autonomo, qualora ne ricorrano i requisiti previsti dalla legge.